L’industria dell’abbigliamento ha un impatto significativo sull’ambiente. La produzione di abbigliamento richiede grandi quantità di energia e risorse, come acqua, materie prime e prodotti chimici, che possono causare danni ambientali significativi. Inoltre, la produzione e il trasporto di abbigliamento hanno un impatto sulla qualità dell’aria e sul cambiamento climatico.
Secondo un rapporto del 2018 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, l’industria dell’abbigliamento è responsabile del 10% delle emissioni globali di gas serra, superando quelle del trasporto aereo e marittimo combinati. Inoltre, l’industria dell’abbigliamento è la seconda industria più inquinante al mondo, dopo quella del petrolio.
Cosa fanno i grandi del settore:
I grandi produttori di abbigliamento come Zara, H&M e Fast Retailing (proprietaria di Uniqlo) sono tra i maggiori colossi del mercato. Secondo un rapporto del 2021 di Greenpeace, questi marchi producono in gran parte in paesi in via di sviluppo come Bangladesh e Vietnam, dove le norme ambientali e sociali sono meno rigide. Inoltre, i grandi produttori di abbigliamento tendono a utilizzare tessuti sintetici, che richiedono grandi quantità di energia per la produzione e non sono biodegradabili.
Tuttavia, ci sono anche aziende che stanno cercando di ridurre l’impatto ambientale della produzione di abbigliamento. Ad esempio, la società di abbigliamento Patagonia ha introdotto un programma di riciclo per i propri prodotti e utilizza materiali sostenibili come il cotone biologico e la lana merino. Inoltre, il marchio di moda sostenibile Stella McCartney utilizza tessuti innovativi come il poliestere riciclato e la seta di Tussah, una specie di baco da seta che non richiede l’uccisione degli insetti.
In generale, la moda sostenibile sta diventando sempre più popolare, con una crescente consapevolezza tra i consumatori sull’impatto ambientale della produzione di abbigliamento. Tuttavia, è importante che anche i grandi produttori di abbigliamento si impegnino a ridurre il loro impatto ambientale e ad adottare pratiche più sostenibili nella loro produzione.
In sintesi, l’industria dell’abbigliamento ha un impatto significativo sull’ambiente, ma ci sono anche aziende che stanno cercando di ridurre l’impatto ambientale della produzione di abbigliamento. I grandi produttori di abbigliamento come Zara, H&M e Fast Retailing sono tra i maggiori colossi del mercato, ma ci sono anche marchi più sostenibili come Patagonia e Stella McCartney. È importante che l’industria dell’abbigliamento adotti pratiche più sostenibili per ridurre il proprio impatto ambientale.
Ultimamente anche Zalando ha dichiarato di voler ridurre il suo impatto ambientale, l’azienda nata a Berlino nel lontano 2008 per mano di Robert Gentz e David Schneider, ha iniziato vendendo scarpe ma deve la sua fortuna al modello di shopping. Ovvero alla possibilità data ai clienti di poter restituire gli acquisti fatti. Ebbene sembrerebbe proprio questo l’anello debole per una azione veramente ecosostenibile, infatti i milioni di capi resi sono difficilmente gestibili soprattutto quando se ne affida la gestione ad altre società oppure quando i capi dopo essere stati accuratamente controllati vengono inviati ad altre aziende che li immettono in mercati differenti.
Michael Braungart, esperto di economica circolare e fondatore di EPEA (Environmental Protection Encouragement Agency) sostiene spesso questi prodotti percorrano migliaia di chilometri, arrivando fino in Africa o in Asia, dove spesso mancano impianti di smaltimento. Se non trovano acquirenti neanche
lì finiscono in discarica o vengono semplicemente lasciati in giro.